Laboratorio delle idee per la produzione e la programmazione dello spettacolo lombardo

UN TRAM CHE SI CHIAMA DESIDERIO

UN TRAM CHE SI CHIAMA DESIDERIO - Immagine: 1
compagnia: Teatro Franco Parenti
di: Tennesse Williams
drammaturgia: Tennesse Williams
cast: Stefano Annoni, Sara Bertelà, Silvia Giulia Mendola, Pietro Micci
regia: Luigi Siracusa
durata: 100 minuti
UN TRAM CHE SI CHIAMA DESIDERIO
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Scheda tecnica

“America. New Orleans. Quartiere povero ma dal fascino colorito. Le case sono in legno, ingrigite dal tempo”. È la fotografia di un luogo popolare, un quartiere fatto di case piccole ma affollate, con interni caratterizzati da un via vai continuo di gente. Agglomerati urbani in cui tutti si conoscono e si frequentano. Un luogo condiviso, con nessuna privacy, in cui si manifestano tutte “le stanze che siamo”.  Nelle stanze private, infatti, si sedimentano paure e affetti, si nascondono delitti e memorie, si conservano ossessioni e fantasmi. Gli spazi domestici sono i luoghi che contaminiamo con le nostre urla e i nostri odori, che infestiamo di lacrime e desideri, di sangue e umori. Il racconto di questo TRAM CHE SI CHIAMA DESIDERIO è contenuto in un gioco visivo che si fonda su un solo elemento - quello delle persiane - ripetuto, moltiplicato, fatto parete e pavimento e soffitto. Un contenitore nel quale indagare ed essere indagati, nascondersi o rifugiarsi o spiare ma anche svelarsi e dare sfogo ai propri mostri. In questo disegno, la luce si fa elemento essenziale per rivelare la penombra umana in cui ristagna il dramma di Blanche e Stella e Stanley e Mitch. Se le persiane inquadrano l’azione e ne tratteggiano i confini, la penombra trafitta dalla luce indica il modo di vedere i nodi di una vicenda familiare dolorosa e irrisolta, le cui crepe diventano voragini che allontanano gli affetti fino al punto di omettere delitti e ignorare verità scomode. È il ritratto di una famiglia e di una società rotta, corrosa, cariata, diffidente e poco ospitale. Una fotografia del secolo scorso non così diversa dalla periferia umana che ancora oggi il mondo conosce.

Un dramma incandescente del maestro della drammaturgia americana.

Con questo testo Williams mise per la prima volta l’America allo specchio su tabù quali omosessualità, sesso, disagio mentale, famiglia come luogo non sano, maschilismo e femminilità maltrattata. La vicenda di Blanche, Stella, Stanley e Mitch si concentra in un universo ristretto e teso, dove il mondo esterno è solo un’eco lontana e la verità è solo intravista. Nello spazio angusto di un bilocale assistiamo al precipizio umano di Blanche DuBois e al suo crollo psicologico, mentre la vita intorno a lei continua indifferente.

Essenziale e ravvicinata, la messa in scena del giovane regista Luigi Siracusa, mette al centro le relazioni tra i quattro protagonisti, osservati attraverso le fessure di una persiana, ripetuta, moltiplicata, dalla quale indagare ed essere indagati.

Un classico che oggi più che mai riesce a dar voce alla nostra fragilità e al disperato tentativo di sembrare integri, mentre dentro, tutto si sgretola.