Laboratorio delle idee per la produzione e la programmazione dello spettacolo lombardo

TUTTA CASA, LETTO E CHIESA

TUTTA CASA, LETTO E CHIESA - Immagine: 1
compagnia: Teatro Out Off
di: Dario Fo e Franca Rame
cast: Monica Bonomi e con la partecipazione di Tommaso Di Pietro
regia: Lorenzo Loris
durata: 70 minuti
TUTTA CASA, LETTO E CHIESA
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Scheda tecnica

Il protagonista assoluto di quest’opera sulla donna è l'uomo. Meglio  il suo sesso! Sono tre brani distinti per tre donne esilaranti e diverse.
Il primo intitolato, UNA DONNA SOLA, è dominato dall’estro spiritoso di una casalinga che sembra disporre di tutto ciò che vuole all' interno del suo nucleo familiare, ad eccezione della cosa più  importante: il rispetto della propria dignità femminile.
La seconda storia, ABBIAMO TUTTE LA STESSA STORIA, è la raffigurazione di un rapporto sessuale fra un uomo e una donna. C’è anche una favola che attraversando i topos narrativi più noti (il lupo, la strega ecc.) mette a confronto una brava bambina e la sua bambola parlante che si esprime in modo scurrile. Queste due figure sono di fatto la stessa persona. La mite bambina è la parte che subisce e la bambola quella che invece si ribella. Infine l' ultimo brano, fulminante, agghiacciante e risolutivo che servendosi di una lingua antica del Cinquecento, è ripreso dalla MEDEA di Euripide.  Franca Rame scriveva:  “ Lo spettacolo è comico e grottesco perché noi donne sono duemila anni che andiamo piangendo e questa volta ridiamo insieme e ci ridiamo anche dietro e poi perché un signore che di teatro se ne intendeva, un certo Molière, diceva: Quando vai a teatro e vedi una tragedia ti immedesimi, partecipi e piangi, piangi, piangi, poi vai a casa e dici: come ho pianto questa sera!  E dormi rilassato. Il discorso politico ti è passato addosso come l' acqua sul vetro.  Mentre invece per ridere ci vuole intelligenza, acutezza. Ti si spalanca nella risata la bocca, ma anche il cervello e nel cervello ti si infilano i chiodi della ragione.”

Note di regia:
LE RAGIONI DI UNA SCELTA. È il caso, in questo periodo, parlare di femminismo?
Certo, è sempre il caso. Che poi questo termine sia utilizzato in modo distorto,  denigratorio, inappropriato – forse non è più tempo, è finita l'era del femminismo, è un termine obsoleto – ebbene noi lo scegliamo ancora, perché è quello che rappresenta meglio lo stato e i diritti delle donne.
Femministe si nasce e femministe si può diventare quando, nel percorso della nostra vita, “si inciampa” in tutti quei torti, soprusi, abusi, subiti dalle donne: è sempre opportuno pertanto ricordare che il diritto di voto, in Italia, è stato riconosciuto alle donne solo nel 1945,  che il numero dei femminicidi è inarrestabile, e che le discriminazioni sono una squallida realtà sotto gli occhi di tutti,  questo prova che la sensibilità fisica e psicologica di una donna, anziché essere fonte di ricchezza, è causa di sopraffazione.
Lo pensiamo quando vediamo che le donne sono meno retribuite degli uomini; lo pensiamo ogni volta che - sentendo parlare giornalisti e politici- non viene utilizzato il termine al femminile; lo pensiamo quando, nei dibattiti, sentiamo “parla il professore” e “parla la signora”; lo pensiamo - a maggior ragione - quando vediamo insultata una giornalista in una trasmissione televisiva, con espressioni quali “stai zitta, gallina” – come successo anche in un canale della televisione di Stato. La Rai ha dovuto  comunicare il suo disappunto, ma Il fatto che ci sia ancora bisogno di intervenire in difesa di, dimostra quanto siamo lontani da un’effettiva e concreta parità. Anche nei mass media alla fine si sorride (e quindi si minimizza, si sminuisce) di quello che dicono certi giornalisti e opinionisti, mentre invece se la stessa cosa uscisse dalla bocca di una donna, diventerebbe volgare e inaccettabile: etichette e giudizi, direi anche pregiudizi.
Ci ha profondamente colpito la recente scomparsa di una grande donna, intellettuale, femminista, quale è stata Rossana Rossanda: “una ragazza del secolo scorso” - come amava definirsi - le cui riflessioni e osservazioni sono, ancora oggi, attuali:
“Quale dirigente maschio oserebbe dire: «Insomma, se il marito la pesta o la ammazza, se la sarà cercata». Quando mai! Soltanto che nessuna gli pone in termini secchi la domanda: «Non ti chiedi perché il tuo sesso continua ad ammazzarci?».  Il leader condanna sinceramente ma pensa: quelli non sono come me, sono perversi o assassini, roba da codice penale. E invece la brutale violenza fisica sulle donne nasce dalla stessa radice che induce il leader stesso a discriminare le compagne rispetto ai compagni nell'accesso alle cariche. (da Parliamo di donne, Il Manifesto, 2008)”.  Questo scriveva Rossana Rossanda nel 2008. Sono passati più di dieci anni, ma ben poco è cambiato, la strada da fare è ancora molto lunga. Battiamoci, allora, attraverso gli scritti di intellettuali come Rossana Rossanda, drammaturghe come Caryl Churchill e Franca Rame, battiamoci approfondendo la conoscenza del presente e del passato, battiamoci per un futuro di vera parità.
Lorenzo Loris

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