Laboratorio delle idee per la produzione e la programmazione dello spettacolo lombardo

VECCHI TEMPI

VECCHI TEMPI - Immagine: 1
compagnia: PACTA Arsenale dei Teatri
di: Harold Pinter
cast: Maria Eugenia D’Aquino, Riccardo Magherini, Annig Raimondi
regia: Claudio Morganti
in collaborazione: Associazione Esecutivi per lo spettacolo di Prato, British Council di Milano, Officina Faberlucis Allestimenti, PCTO Civico Polo Scolastico La Manzoni di Milano
durata: 60 minuti
VECCHI TEMPI
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Scheda tecnica

Due persone in un calmo e caldo interno borghese. Sono marito e moglie e parlano di una terza persona che verrà a trovarli. Si tratta di un’amica di gioventù della moglie che lei quasi non ricorda dato il troppo tempo passato.
Ma l’amica è già lì, nella stessa loro stanza e quando “tocca a lei” semplicemente entra tra i due rievocando il passato.
Dunque è una situazione reale? È la rappresentazione di un sogno? Le due donne sono diverse o si tratta di due aspetti dello stesso personaggio?
Non fanno che parlare dei vecchi tempi andati, ma ciascuno dei tre ne fornisce versioni completamente diverse. I fatti ricordati slittano continuamente verso contorti e differenti immaginari, ma quanto il processo di distorsione della memoria è un fatto naturale e quanto invece è una strategia voluta? La tensione crescente lascia intravedere inquietanti finali possibili, ma tutto si congelerà in un lontano, silenzioso, lento movimento, come un’immagine che svanisce, come qualcosa che non è mai accaduta ed abbiamo solo immaginato.

Note di Regia (Claudio Morganti)
Il personaggio non è niente. La persona è tutto.
Ma la persona è limitata nel tempo e negli atti, mentre il personaggio non ha un tempo e tra una riga e l’altra può compiere infinite azioni, dunque ha qualcosa d’eterno.
Eppure personaggio è creazione d’una persona.
Si può forse dire che Teatro è ciò che mette in relazione persona e personaggio.
E questa relazione si può forse chiamare “attore”.
Si tratta di mettere in scena un testo. Tutto qui. Facile? Mai niente fu facile ma lavorare con attori che conoscono il loro mestiere può regalare sublimi momenti di gioia pura.
E quali sono gli attori che conoscono il loro mestiere? Sono quelli che sanno di non poterlo conoscere del tutto, sono quelli che sanno che è si un mestiere, ma è anche tutto il dolore del mondo.
Creare un clima perchè questi attori possano trovare il loro gioco. La loro vivezza, la loro irripetibilità, attimo dopo attimo.
Ciò che conta non è la “situazione” ma la “condizione”, ovvero ciò che permette agli attori di attraversare analogie. Le analogie che legano il teatro alla vita.
Dunque le note di regia non riguardano il “teatro” bensì lo “spettacolo” e la sua composizione.
Abbiamo un interno. Un appartamento, ma c’è anche una grande finestra. È la finestra delle nostre anime. È la finestra attraverso la quale nulla si vede se non pallidi colori e flebili suoni.
Come regista ho solo una domanda rispetto a questo testo: perchè quei tre cantano tutte quelle canzoni?
E poi c’è la questione dei ricordi e della memoria. I ricordi cambiano i connotati alle cose passate e la memoria è quel che si perde e la si perde insieme alla vita. Della memoria non rimane quasi più nulla. Frammenti, stralci di finte verità, convinzioni mal riposte, cadute, equivoci. La memoria si perde. Individualmente e collettivamente. E quel che chiamiamo Storia nulla può fare, tutto si deforma, tutto svanisce.
Ma questo lo sappiamo benissimo.
Ah, dimenticavo. È una commedia.

 

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