BOBBY
Giacomo è direttore di un ufficio postale di Milano, ha una vita all’apparenza tranquilla e senza scheletri nell’armadio. Il giorno del suo quarantesimo compleanno riceve una visita inaspettata: Bobby, il suo pupazzo d’infanzia, prende vita e si trasforma in una donna altissima. Inizia un dialogo surreale, ironico e cinico ma anche ricco di tenerezza e amore per la vita, che costringerà il protagonista a essere sincero, soprattutto con se stesso, come mai aveva fatto prima.
Un testo originale scritto da Francesco Brandi con la regia di Giacomo Poretti interpretato da Ippolita Baldini e Francesco Brandi.
Note dell’autore Francesco Brandi
Bobby è nato da un sogno. Una notte intera passata a guardarmi allo specchio. Ma lo specchio, quella volta, mi rispondeva. Non era un incubo, tutt’altro. Il tono era leggero, ironico, quasi allegro. Il mio doppio mi inchiodava alle mie responsabilità, ma senza giudizio, senza condanna, senza gravità. Solo con una verità limpida, disarmante.
La mattina dopo, ripensando a quel sogno, ho capito che poteva diventare un racconto teatrale. Un monologo, però, avrebbe ridotto — anzi, cancellato — una parte fondamentale: la relazione.
Perché da soli non si fa nulla.
E allora è nato il dialogo. Con chi? Con un pupazzo. Anzi, il pupazzo. Quello che tutti abbiamo avuto da bambini. Quello che ci conosce da sempre. Il pupazzo che portiamo dentro, che sa tutto di noi, e che un giorno decide di parlare. Esce dal suo involucro e ci mette di fronte alle nostre contraddizioni, alle nostre ipocrisie, alle nostre piccole miserie.
Ma non lo fa per seppellirci. Lo fa per farci rinascere. Per indicarci una strada buona, per la seconda parte della vita.
Da questo incontro nasce un dialogo spassoso, tenero, a tratti spietato. Un confronto tra Giacomo — un quarantenne qualunque, con una moglie, un lavoro, un mutuo, e molto da perdere — e il suo pupazzo, che invece non ha nulla da perdere, e quindi può dire tutto. Due percorsi paralleli che, inevitabilmente, si incrociano. Perché sì, siamo tutti diversi, ma siamo tutti sulla stessa barca. E quella barca, che ogni tanto sembra affondare, è la nostra vita.
La battaglia che ciascuno combatte è il senso stesso del nostro stare al mondo. Dopo molte riflessioni, ho deciso di affidare la voce del pupazzo a una donna. Perché nulla, come una voce femminile, sa essere guida, e nulla, come una voce femminile, sa far sorridere nel raccontare un fallimento e la fatica di risalire.
Dentro Bobby ci sono tutti i temi che mi sono cari: il dialogo con l’ignoto, il fallimento come punto di partenza, la barca che galleggia a fatica, il rapporto con gli altri — genitori, amici, colleghi — l’amore, le sue vanità, le sue disperazioni.
E poi ci sono due presenze che mi accompagnano da sempre: Bruce Springsteen e Woody Allen. A loro devo, in un certo senso, la mia sopravvivenza.
Bobby è un sogno. Il mio sogno. Il mio modo di vedere il teatro: far ridere le persone, farle emozionare, farle sentire parte di un momento che è mio ma, allo stesso tempo, anche loro.
Perché più siamo, meglio è. Perché da solo non si salva nessuno.