Laboratorio delle idee per la produzione e la programmazione dello spettacolo lombardo

OUT OF THE BLUE

OUT OF THE BLUE - Immagine: 1
compagnia: Teatro della Cooperativa
di: Chicco Dossi
drammaturgia: Chicco Dossi
cast: Francesco Meola, Diego Pleuteri, Cinzia Tropiano, Simone Tudda
regia: Chicco Dossi
durata: 75 minuti
OUT OF THE BLUE
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Scheda artistica
Scheda tecnica

David ha trent’anni. Ha studiato legge e lavora come assistente universitario. Marcello è il fidanzato di David. Condivide l’appartamento con lui e cerca di occupare il suo tempo in attesa della fine delle restrizioni. Siamo nei primi mesi del 2020. David non vive bene questa situazione: è spaventato a morte dal nuovo virus e diventa apprensivo nei confronti del compagno, a suo modo di vedere incosciente.

Thibaut ha venticinque anni. Ha l’AIDS. Lavora in un bar e vive con Camilla, la sua ragazza, in un appartamento. Siamo nel 2000. Camilla ha vent’anni. È afrodiscendente e studia fisica all’università. Di ritorno da una festa di Capodanno, Thibaut riceve la chiamata dei genitori. Tra gli auguri di rito, la madre gli chiede quando finalmente potranno conoscere la fidanzata. Il ragazzo glissa, ma Camilla insiste.

Scopriremo che Thibaut non ha mai detto nulla ai genitori della sua malattia: un morbo sociale, accompagnato dal pregiudizio, dall’esclusione, dal senso di colpa di essere afflitto da un male che, all’inizio del millennio come oggi, agli occhi di molti è quasi una punizione.

Parallelamente, la situazione precipita quando David scopre che Tecla, un’amica immunodepressa è intubata in un reparto di terapia intensiva. Qualche settimana prima David aveva invitato l’amica a incontrarsi ed è convinto che lei abbia contratto la malattia in quell’occasione.

Tutti e quattro i personaggi si troveranno a veder detonate le proprie certezze, la propria normalità di fronte a due malattie che, inevitabilmente, strappano loro l’innocenza e li costringono a fare i conti con se stessi, con il proprio partner, con il proprio mondo.

Valorizzazione del repertorio classico e contemporaneo

L’impalcatura drammaturgica di Out of the blue è fortemente ispirata al drama inglese contemporaneo – realismo drammatico, plot asciutto ma contenutisticamente ricco, argomenti scientifici asserviti alla narrazione – ma si inserisce nella tradizione di spettacoli di interesse politico e sociale del Teatro della Cooperativa. In particolar modo per il tema dell’AIDS, il testo si propone di portare alla luce un argomento poco presente nel dibattito pubblico italiano (e, purtroppo, anche nelle nostre produzioni culturali) e che il pregiudizio ha marchiato come “malattia degli omosessuali”. Sullo sfondo, compaiono, quasi in controluce, i problemi individuali dei personaggi che diventano problemi del nostro tempo: essere una donna di colore che studia materie STEM, l’essere una coppia omosessuale, la salute mentale, l’essere giovani adulti in un mondo sempre meno a misura delle nuove generazioni.

La regia è volta a sottolineare la presenza simultanea delle due coppie che, sebbene vivano a distanza di vent’anni, occupano lo stesso spazio. Dal momento in cui entrano per la prima volta, se non indicato diversamente, i personaggi sono simultaneamente sempre in scena. Non possono, ovviamente, toccarsi o interagire – i piani temporali in cui vivono sono distinti e, almeno secondo le attuali leggi della fisica, impenetrabili – ma i personaggi, anche quando i riflettori non sono puntati su di loro, continuano a vivere il loro tempo. Viene a delinearsi quindi una doppia regia: quella della timeline che è protagonista della scena e quella della timeline che continua a vivere sullo sfondo e i cui personaggi, con i loro gesti, i loro sguardi e gli echi di ciò che dicono e fanno, talvolta, possono riverberare attraverso le dimensioni.

A livello strutturale, la compresenza dei personaggi delle due timeline (2000 e 2020) nello stesso spazio contemporaneamente è – metanarrativamente – spiegata dalla teoria delle stringhe, una teoria fisica che postula l’esistenza di dieci dimensioni spaziali (sette in più di quelle di cui abbiamo esperienza). Gli argomenti scientifici affluiscono nella narrazione, sulla scia di una certa tendenza della drammaturgia internazionale (Constellations di Nick Payne, Copenhagen di Michael Frayn, ma anche Arcadia e The Hard Problem di Tom Stoppard). La teoria delle stringhe diventa così, allo stesso tempo, tema narrativo e architettura drammatica per far correre su binari paralleli le storie di due coppie e di due pandemie.

 

Note di regia

Spesso, riferendosi alla corrente emergenza sanitaria si sente parlare di «pandemia globale». Un’espressione ridondante, dal momento che ogni pandemia (dal greco pandèmios, “di tutto il popolo”) dovrebbe essere per definizione globale. Un fondo di verità in questo lapsus, tuttavia, c’è.
Se confrontata con l’altra grande pandemia dell’età contemporanea e tutt’ora in corso – quella da AIDS – si scorge una differenza sostanziale: il covid-19 influenza tutti, senza distinzione. Se vivi negli anni ‘20 del XXI secolo sul pianeta Terra, la tua vita è in qualche modo trasformata da questa malattia.  

Lo stesso non si può dire della sindrome da immunodeficienza acquisita. 

Dal momento in cui entrano per la prima volta, se non indicato diversamente, i personaggi sono simultaneamente sempre in scena. Non possono, ovviamente, toccarsi o interagire ma i personaggi, anche quando i riflettori non sono puntati su di loro, continuano a vivere il loro tempo e i gesti, gli sguardi, gli echi di ciò che dicono e fanno, talvolta, possono riverberare attraverso le dimensioni. 

Diversi elementi scenici (il divano, il frigorifero, il piano cottura…) si trascinano nel corso del tempo: lì erano all’inizio del millennio e lì restano vent’anni dopo. Altri, come il computer di David, anche solo per semplici motivi di anacronismo o di continuità, appartengono soltanto a uno dei due squarci temporali, nonostante nella messa in scena ci possano apparire come sempre presenti. 

La qualità più importante è l’olografia: come le stampe lenticolari, quelle che mostrano un’immagine diversa a seconda dell’angolo da cui sono guardate, allo stesso modo le transizioni tra i due periodi dovrebbero dare quell’idea, l’idea di una variazione su uno stesso tema.

 

Testo vincitore del XXI Premio InediTO – Colline di Torino

Menzione speciale al V Premio Drammaturgico Carlo Annoni

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03.04.2024
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