Laboratorio delle idee per la produzione e la programmazione dello spettacolo lombardo

Amandina - Non badate a me

Amandina - Non badate a me - Immagine: 1
compagnia: Fattoria Vittadini
di: Noemi Bresciani
tratto da: Ispirato dall’omonimo libro di Sergio Ruzzier
drammaturgia: Noemi Bresciani
cast: Noemi Bresciani
coreografia: Noemi Bresciani
in collaborazione: Campsirago Residenza
durata: 45 minuti
Amandina - Non badate a me
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Scheda tecnica

AMANDINA 

di Noemi Bresciani 

Produzione Fattoria Vittadini 

Direzione tecnica e disegno luci Andrea Rossi 

Costumi Stefania Coretti 

Testi Sofia Bolognini 

Sound design Diego Dioguardi 

Violoncello Manuele Marani 

Ispirato dall’omonimo libro di Sergio Ruzzier 

Con il sostegno di Campsirago Residenza 

Età consigliata 3/8 anni - durata 45'

 

Amandina è un inno alla timidezza e alla solitudine come ingredienti possibili dell’atto creativo e performativo. 

Nel gioco solitario Amandina riscopre i suoi talenti. Come se fosse nella sua cameretta lascia che le sue emozioni la attraversino e che trasformino il suo immaginario creando nuovi mondi. Solo grazie a una voce, scopre in realtà di non essere così sola e di poter condividere le sue scoperte. 

Lo spettacolo Amandina nacque nel 2011 quando ammaliata dall’omonimo libro illustrato di Sergio Ruzzier mi convinsi di dover promuovere la danza creando una performance per il pubblico del futuro: bambini e bambine. 

Amandina è una timidissima cagnolina molto talentuosa che decide di creare uno spettacolo per mostrarsi, per svelarsi agli altri, alle altre. Fa tutto, ma proprio tutto da sola: restaura un teatro abbandonato, crea scenografie e costumi, fa gli inviti, la locandina, crea numeri di canto, danza, recitazione e poesia. La storia perfetta per raccontare come si crea uno spettacolo. Nacque così una performance anarchica in cui, come una bambina nella sua cameretta, costruivo con la complicità del pubblico mondi immaginari in cui danzare. 

La maternità, l’osservare mia figlia scoprirsi ed esplorare il mondo mi ha fatto venir voglia di Amandina, di ritrovarla con uno sguardo nuovo e tutt’altra energia. Rivedendo le vecchie foto, rileggendo il libro e il materiale di 11 anni fa mi sono resa conto di non essermi mai soffermata ad indagare la timidezza e la solitudine della protagonista. 

“Devi vincere la tua timidezza" riecheggia nella mia testa, un monito sentito e risentito, come se questo stato d’animo fosse un mostro personale da sconfiggere superando imbarazzanti prove. Una tra le tante frasi dette con leggerezza dagli adulti ai più piccoli con buone intenzioni ma pessimi risultati. 

La timidezza non è un mostro, e allora che cos’è? 

Da qui, da questa domanda nasce il desiderio di riabitare Amandina, per far di questa imperfetta e talentuosa creatura la paladina di questo atteggiamento, riscattandolo. 

In proposito sono rimasta folgorata dalla riflessione dello storico inglese Joe Moran, docente della Liverpool University, editorialista del Guardian e autore di un saggio-elogio della timidezza, intitolato Shringking Violet. (Una sintesi anglosassone di quella tendenza di un tipo di viola a ritirarsi tra le foglie, proprio come fanno i timidi). 

Moran parte da un presupposto molto interessante: la timidezza non significa introversione. È invece l’"autoconsapevolezza di esserci" ed è anche la capacità di immaginare come gli altri ci potrebbero vedere. La timidezza, come viene rappresentata anche dalla sua icona fumettistica, Charlie Brown, è una forma di leggerezza che ci rende anche umili e forti; misurati nell’approccio con gli altri e capaci di rapporti duraturi e stabili. 

La timidezza, scrive Moran, in tempi spudorati, dove è facile non vergognarsi di nulla, ha un valore sovversivo. Rivoluzionario. Un’energia che porta i timidi prima a conoscere meglio sé stessi, e poi ad avvicinarsi agli altri con cautela, con un grande spirito critico e autocritico. Con quella sana modestia che si dovrebbe sempre conservare, e con l’amore per il dubbio, altra linfa vitale di fronte alle stentoree certezze.