ENOUGH
“Never seek to tell thy love,
Love that never told can be:
For the gentle wind does move
Silently, Invisibly…”
William Blake
Un duetto maschile come dispositivo coreografico per interrogare la natura del doppio: non come opposizione binaria, ma come coabitazione impossibile di due spinte interne – la tensione verticale della mente, che cerca il controllo attraverso la rinuncia, e l’impulso centrifugo del corpo, che desidera, eccede, si lascia divorare dal mondo. In scena non due personaggi, ma un solo organismo diviso, fratturato, che si sdoppia per poter essere visto, analizzato, esploso. Il movimento nasce dalla distanza tra queste forze, si costruisce su slittamenti, attriti, deviazioni. È una danza non della fusione, ma della separazione necessaria, della vicinanza che brucia proprio perché irrealizzabile.
L’archetipo che guida la scrittura è quello di Narciso e Boccadoro, non come semplice dualismo tra spirito e carne, ma come enigma dell’identità che si forma solo nella rinuncia all’unità. Narciso, chiuso nella contemplazione, nel rigore dell’interiorità, rifugge il mondo perché lo sente troppo denso, troppo rumoroso, troppo vivo per essere abitato senza perdersi. Boccadoro, al contrario, si lascia attraversare dalla vita, dalla bellezza, dalla materia; ama perdutamente ciò che lo consuma. Ma l’uno è per l’altro ciò che manca, ciò che completa e che ferisce. Non c’è unione possibile, solo eco, distanza, memoria viva dell’altro come impossibilità.
La danza si inscrive in questa soglia: è forma instabile, tensione mai pacificata, spazio in cui il desiderio di unità genera movimento ma non lo placa. Le traiettorie dei corpi sono prossime ma sfalsate, sincronizzate solo nel momento dello scarto. Il contatto è tentazione e fallimento. Ogni gesto è un avvicinamento che contiene già il proprio rifiuto. Come nei disturbi del comportamento alimentare – riferimenti estremi e incarnati di questa dialettica – la ricerca di purezza assoluta genera violenza, la verticalità si trasforma in rifiuto del corpo e la fame di pienezza diventa annullamento. L’anoressia e la bulimia non sono tematizzate in senso clinico ma evocate come sintomi radicali di una tensione spirituale che ha perso il linguaggio per nominarsi.
Il lavoro nasce da una domanda centrale: è ancora possibile oggi una scelta assoluta, una forma di dedizione che non sia compromesso né adattamento? In un presente che tende a dissolvere ogni opposizione nel flusso amorfo del funzionale, della mediazione, del benessere come norma, cosa significa scegliere di essere interi, anche al prezzo della perdita, dell’isolamento, della separazione? In questo senso, il duetto diventa anche una partitura esistenziale, dove la distanza tra i due corpi è lo spazio stesso della libertà, e dove ogni tentativo di fusione è una minaccia all’autonomia, ma anche un richiamo struggente al legame.
Coreograficamente, il lavoro rifiuta l’equilibrio formale in favore di un movimento che si costruisce come tensione dinamica: un corpo cerca l’elevazione, l’altro l’immanenza. I pesi sono sbilanciati, i respiri sfasati, le strutture si rompono per poi ricomporsi altrove, come in una fuga musicale dove il tema è la mancanza. Non c’è redenzione, né apoteosi, ma solo la possibilità di abitare consapevolmente una distanza: come due poli magnetici che non si toccano mai, ma senza i quali non esisterebbe alcun campo.
Una produzione Sanpapié/SPaCCa
Coreografia e regia: Lara Guidetti
Consulenza progettuale: Carlo Massari
Assistente alla coreografia: Fabrizio Calanna
Scene e costumi: Maria Barbara de Marco
Sound design: Marcello Gori
Ligth design: Marcello Marchi
Con: Michele Hu e Gabriel Interlando
In collaborazione con Drama Teatro Modena e Fondazione Luzzati/Teatro della Tosse Genova
Con il supporto di Magnete Milano e Campo Teatrale Milano