Laboratorio delle idee per la produzione e la programmazione dello spettacolo lombardo

Moby Dick alla prova

Moby Dick alla prova - Immagine: 1
compagnia: Teatro dell'Elfo
di: Orson Welles
tratto da: adattato, prevalentemente in versi sciolti, dal romanzo di Herman Melville
coautore: traduzione Cristina Viti
cast: Elio De Capitani, Cristina Crippa, Angelo Di Genio, Marco Bonadei, Enzo Curcurù, Alessandro Lussiana, Massimo Somaglino, Michele Costabile, Giulia Viana, Vincenzo Zampa, Mario Arcari
regia: Elio De Capitani
in coproduzione: Teatro Stabile di Torino
durata: 120 minuti
Moby Dick alla prova
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Scheda tecnica

Lo spettacolo è dedicato alla memoria di Gigi Dall'Aglio.

Elio De Capitani per la stagione 2020/21 aveva scelto un testo teatrale finora sconosciuto ai nostri palcoscenici, Moby Dick alla prova, scritto (oltre che diretto e interpretato nel 1955, a Londra) da Orson Welles.
La produzione diretta da De Capitani – che vede collaborare nuovamente il Teatro dell’Elfo e il Teatro Stabile di Torino, dopo il bel successo messo a segno con Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte – è stata allestita e messa in prova nell’inverno 2020/21, ma non ha potuto essere presentata al pubblico. Il lavoro arriva a compimento nella stagione ‘21/22, con i debutti sui palcoscenici di Milano (11 gennaio) e di Torino (8 febbraio).

NOTE DEL REGISTA: Welles e Melville.

Una duratura e magnifica ossessione quella di Welles per Moby Dick. E finalmente il 16 giugno 1955 al Duke of York’s Theatre di Londra Welles ha potuto lottare personalmente con le sue balene bianche. Melville, il palco vuoto e la sala piena di spettatori. Fu un successo strepitoso per Welles: «questo spettacolo è l’ultima pura gioia che il teatro mi abbia dato».

Eppure al pubblico non aveva dato né mare, né balene né navi. Solo un palco vuoto, una compagnia di attori, se stesso in tre ruoli, Ahab compreso. E soprattutto il suo testo, su cui aveva lavorato per mesi, trovando una via indiretta per accettare la sfida impossibile del Moby Dick: passare per Lear, lo spettacolo che la compagnia sta recitando ogni sera, che getta un ponte tra Melville e Shakespeare, scivolando dall’ostinazione di Lear che la vita, atroce maestra, infine redimerà e quella irredimibile, fino all’ultimo istante, del capitano Ahab.

Il blank verse – per noi splendidamente tradotto dalla poetessa Cristina Viti, milanese di nascita ma londinese d’adozione – restituisce con forza d’immagini potenti la prosa del romanzo, trasformando rapidamente l’iniziale entrare e uscire dal personaggio, che il capocomico Welles e i suoi attori fanno come ogni compagnia in prova, in una travolgente e intensa rappresentazione totale dello scontro, titanico e insensato, tra uomo e natura.

Altro potente motore della prima versione italiana del capolavoro di Welles è una ciurma d’attori più che pronti alla sfida. Un cast che salda le eccellenze artistiche di tre generazioni dell’ensemble dell’Elfo, nel quale anche molti dei giovani hanno un curriculum

ricco di prestigiosi premi. In pieno lockdown, con la vita ferma fuori dalle mura del teatro, in una bolla all’Elfo Puccini di Milano, gli attori, i musicisti e le maestranze hanno trovato l’assoluta concentrazione nella difficoltà del momento e le prove sono diventate un ritiro totalizzante, complice la musica che abita intensamente e dal vivo questo spettacolo, sia nel canto che strumentale, portentosa magia generatrice di emozioni profonde.

Ed è stato così che il capodoglio bianco quest'anno ha preso la nostra vita. Da quando abbiamo iniziato a portare sulla scena il Moby Dick alla prova di Orson Welles, la duplice natura del grande mammifero marino ci tormenta.

AHAB Ma io, in quella bestia, io vedo forza oltraggiosa, imperscrutabile malvagità; è questo, questo imperscrutabile che io più odio, e che il capodoglio bianco ne sia agente o mandante sarà quell’odio che io gli infliggerò!
Non mi parlate di infamia o di bestemmia: io colpirei anche il sole se lui osasse insultarmi!

Il controcanto a quest’odio iperumano sta proprio nel cuore del romanzo di Melville e si è posato, nella nostra versione scenica, anche nel cuore di Welles:
Dicono che spesso, da che più feroce e spietata si è fatta la caccia, le balene in enormi branchi solchino gli oceani per darsi l’un l’altra protezione e assistenza. [...] se vi inoltrerete fino al cuore del branco dove giungono attutiti il clamore e lo spumeggiare delle onde, lì la distesa del mare vi apparirà come una levigata tela di raso [...] Lì femmine e cuccioli giocano innocenti, pieni di gioia e senza timore o diffidenza alcuna. E se il vostro sguardo si spinge giù, giù, in quella trasparente profondità, lì in quelle caverne d’acqua vi appariranno le sagome delle balene che danno il latte e di quelle prossime a partorire. E come i neonati umani quando poppano puntano il loro sguardo tranquillo e fisso lontano dal seno, come se si nutrissero ancora di qualche loro memoria ultraterrena, così i piccoli di quelle balene vi guarderanno, ma non voi veramente, come se al loro occhio tranquillo voi non foste che un pezzetto di alga nel golfo.

Ahab, come Kurtz in Cuore di tenebra, per devastare la natura, soggioga i suoi simili e ne fa strumento del suo odio, con estrema facilità.
AHAB Compito agevole, dopotutto...
La mia unica ruota dentata sa mettere in moto i loro diversi meccanismi... ed eccoli tutti in moto...

Vitalismo rapace, prepotentemente – ma non esclusivamente – occidentale, che rappresenta quella parte d’umanità che ci porta al disastro, al gorgo mortale che inghiotte la Pequod. Siamo alla sesta estinzione di massa, siamo al riscaldamento globale, siamo sull’orlo del baratro e continuiamo a correre. Generando odiatori meno mitici ma altrettanto ferali di Ahab. Riascoltando le cronache del G8 di Genova venti anni dopo, impressiona la follia repressiva che offese i corpi, segnò le menti e colpì le idee di quell’imponente movimento trasversale che aveva, semplicemente, a cuore il destino del pianeta e dei popoli.

Diciamolo: Moby Dick parla di noi, oggi. Ne parla come solo l’arte sa fare. Cogliendo il respiro dei secoli – tra passato e futuro – nel respiro di ogni istante della nostra vita.

Elio De Capitani, 20 luglio 2021

 

costumi Ferdinando Bruni, musiche dal vivo Mario Arcari
direzione del coro Francesca Breschi
maschere Marco Bonadei